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Solo una persona su tre in Afghanistan ha accesso alla corrente elettrica

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di Agnieszka Flak e Sanjeev Miglani, RAWA/NEWS – 9 Gennaio 2012
Nonostante i milioni di dollari di aiuti confluiti nel settore dell’elettricità negli ultimi 10 anni, molti progetti che potrebbero portare la corrente in tutto il paese sono ancora allo stadio iniziale.
di Agnieszka Flak
afghan repairing electricity 300x186Secondo quanto affermato dal capo dell’azienda elettrica statale al giornalista della Reuters, solo una persona su tre ha accesso all’elettricità in Afghanistan, nonostante anni di investimenti in questo settore, e il paese è ancora totalmente dipendente dall’energia importata dall’esterno.
Abdul Razique Samadi, amministratore delegato della Da Afghanistan Breshna Sherkat (DABS), dice che la situazione nella capitale Kabul, dove circa il 70 per cento delle abitazioni è raggiunta dalla rete elettrica, è decisamente migliore di quella del resto del paese.
“Mentre il resto dell’Afghanistan riceve elettricità per circa due ore, noi a Kabul abbiamo energia elettrica per 24 ore, con una certa stabilità” dice alla Reuters.
Circa metà della popolazione totale dell’India (che assomma a 1 miliardo e 200 milioni di persone) non ha accesso all’energia elettrica e meno di un terzo dell’Africa sub-sahariana è elettrificato.
Portare l’elettricità a tutto l’Afghanistan è cruciale per poter sostenere un’economia indebolita da decenni di guerra e per migliorare gli standard di vita in un paese con tristi record negativi per quanto riguarda sanità e istruzione.
La richiesta di energia elettrica a Kabul è triplicata negli ultimi cinque anni e aumenta ogni anno.
Samadi stima che nel 2020 l’Afghanistan avrà bisogno di circa 3.000 megawatt (MW) per coprire il bisogno interno, da paragonare all’attuale fornitura di circa 600 MW.
Ma la domanda è ancora molto modesta, se si considera che la previsione per l’Afghanistan nel 2010 equivale a solo il 5 per cento di quanto viene consumato oggi nel Regno Unito, benché la popolazione dell’Afghanistan sia circa la metà di quella della Gran Bretagna.
Quotidiane interruzioni nell’erogazione di energia sono un fatto scontato nella routine degli afgani, soprattutto nelle ore di maggior consumo, nelle quali sempre più persone guardano la TV, usano stufette elettriche o cucinano in forni elettrici. Per far fronte a questa domanda, il paese può contare solo sui generatori di elettricità a carburante, che sono costosi, rumorosi e inquinanti.
L’accesso alla rete elettrica è migliorato dal 2009, quando fu inaugurata una nuova linea di alta tensione dall’Uzbekistan a Kabul. L’Afghanistan, che non ha sbocchi al mare, compra elettricità anche dai vicini Iran, Turkmenistan e Tagikistan. Più della metà della fornitura di energia deriva da importazione ed è improbabile che questa situazione cambi nel breve termine, dice Samadi.
Le centrali elettriche afgane – soprattutto idroelettriche – possono produrre fino a  500 MW, ma in realtà arrivano a produrne meno della metà, a causa della mancanza di acqua e di problemi di manutenzione. “Al momento siamo molto vulnerabili. Dipendiamo dall’estero e in patria abbiamo parecchi problemi” dice Samadi. Le importazioni sono inoltre limitate a causa dell’inadeguatezza della rete dell’alta tensione, e anche se sono stati varati molti progetti per rafforzare la rete, ci vorranno anni prima che siano completati.
Nonostante milioni di dollari di aiuti arrivati nel paese negli ultimi 10 anni, i numerosi progetti che potrebbero estendere la rete elettrica a tutto l’Afghanistan sono ancora allo stadio iniziale, sono stati tagliati per motivi di budget o sono rimandati per mancanza di sicurezza.
L’Afghanistan avrebbe la capacità di produrre fino a 23.000 MW di corrente attraverso centrali idroelettriche, solari, a gas e termoelettriche, ma la maggior parte di questo potenziale non viene sfruttato a causa della guerra.
Circa 200 milioni di dollari di aiuti sono destinati ogni anno al settore dell’energia, ma Samadi mira a rendere la DABS più indipendente per affrontare l’attesa diminuzione di aiuti internazionali a seguito del ritiro delle truppe previsto entro la fine del 2014.
L’azienda, che ha avuto un volume d’affari di 200 milioni di dollari nel 2011, ha urgente bisogno di rafforzare il sistema di riscossione sul fatturato, dal momento che oggi ha crediti per circa 40 milioni di dollari, principalmente verso il governo.
Samadi minimizza la critica diffusa, che ritiene la corruzione  il maggiore ostacolo per la riscossione dei crediti e il completamento dei progetti. “La corruzione riguarda forse il 20 o il 30 per cento dei casi. Nonostante tutto, i donatori internazionali stanno lavorando bene”, dice.
“Questo è un paese dove è difficile lavorare. Di solito, raggiungere il 50 per cento dell’obiettivo prefissato è già grande successo” afferma.

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