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Il governo di Hamid Karzai sotto i riflettori per trattative sul petrolio con una società gestita dal cugino.

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Di Ben Farmer, Kabul & Dean Nelson – Nuova Delhi,  da RAWA NEWS

Gli attivisti contro la corruzione e i diplomatici hanno criticato il governo di Hamid Karzai per aver assegnato un appalto petrolifero da 3 miliardi di dollari ad una società gestita da un cugino, a suo tempo incarcerato negli Stati Uniti per traffico di droga.

La Watan Oil and Gas, controllata da Rashid e Rateb Popal, noti cugini del Presidente Karzai, ha vinto il contratto per l’estrazione di petrolio in una joint venture con una società statale cinese. Tuttavia, i suddetti cugini sono accusati di aver utilizzato fondi statunitensi, tramite altre società da loro gestite, per pagare la protezione a comandanti talebani.
Il contratto, della durata di 25 anni, permette alla Watan e alla China National Petroleum Company l’accesso a circa 160 milioni di barili di petrolio proveniente da tre aree del Nord Afghanistan.
La gran quantità di risorse minerali, petrolifere e di gas stimata in Afghanistan potrebbe far ben sperare che un giorno il Paese riesca ad essere autonomo e a non dipendere più da aiuti esterni.
L’affare petrolifero realizzato nel bacino di Amu Darya è stato considerato un modello per ulteriori futuri contratti di combustibile fossile, ma i diplomatici e gli attivisti sono ora preoccupati che sia solo un primo annuncio della lottizzazione delle risorse dell’Afghanistan.
La scelta di affidare l’appalto al gruppo controllato ai cugini del Presidente Karzai, che hanno passato circa 9 anni in carcere a New York per traffici di droga, è stata decisamente allarmante.
In un’intervista al Daily Telegraph, un ex diplomatico che ha lavorato a lungo a Kabul afferma: “Tutti speravamo disperatamente che i soldati britannici morissero per una causa più nobile che aiutare il cugino narcotrafficante di Karzai a vendere gas afghano ai Cinesi”.
Un’altra delle società gestite dai cugini, la Watan Risk Management, si occupa della sicurezza nella fornitura di convogli ed è stata al centro di un’indagine al Congresso USA sulle società  che pagano ai Talebani milioni di dollari per la protezione durante i vari percorsi.
Dall’indagine emerge che i fratelli utilizzavano un signore della guerra per ottenere protezione e sicurezza, il quale pagava presumibilmente ai Talebani milioni di dollari. Questo “affare” è diventato così una delle maggiori entrate dei ribelli.
I fratelli hanno negato di aver comprato i Talebani, tuttavia le autorità hanno tentato di bloccare ulteriori contratti con loro.
“Il fatto che la Watan continui ad ottenere appalti nonostante tutte le dichiarazioni negative nei suoi confronti, è preoccupante” afferma Juman Jubba, ricercatore afghano di Global Witness, che conduce campagne contro la corruzione legata a scavi ed estrazioni.
“Durante il percorso di assegnazione degli appalti, è fondamentale prendere in considerazione la storia e il curriculum delle società concorrenti. Inoltre, le motivazioni per l’assegnazione di ogni appalto dovrebbero essere rese pubbliche”.
L’appalto è stato assegnato lo scorso dicembre, ma nelle ultime settimane è stato sottoposto ad un ulteriore scrutinio, in quanto considerato una potenziale fonte di violenza nell’Afghanistan settentrionale.
Sembra inoltre che si sia innescata una competizione legata ai benefici derivanti dall’estrazione di petrolio fra il governo di Karzai e il Generale Abdul Rashid Dostum, il potente Uzbeko che controlla l’area.
All’inizio di giugno, il Consiglio Afghano per la Sicurezza Nazionale ha accusato il Generale Dostum di tradimento per aver cercato di impossessarsi della trattativa, affermando che voleva estorcere denaro ai Cinesi.
Il suo portavoce ha dichiarato che Dostum aveva solo chiesto che venissero impiegati guardie e lavoratori locali e non della Watan.
La Watan e i Cinesi hanno promesso di produrre 150.000 barili di petrolio entro la fine di quest’anno.
Gli osservatori affermano che,  grazie alle ottime condizioni offerte, hanno vinto l’appalto superando altre tre società.
Javed Noorani, ricercatore di Integrity Watch Afghanistan, dichiara che l’offerta è stata minuziosamente controllata dai consulenti statunitensi e che i Cinesi hanno proposto un “affare eccellente” e cioè pagare il 15% delle royalty, promettendo a Kabul dal 50 al 70% dei profitti.
Assicurandosi il contratto con condizioni così favorevoli per il governo afghano, i Cinesi hanno ora ottime possibilità di impossessarsi delle più grosse aree afghane, che possono fornire circa
1.6 miliardi di barili di petrolio e gas.

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