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Le donne afghane al bivio: essere agenti di pace o vittime della pace?

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La situazione attuale in Afghanistan e le donne

Dopo circa dieci anni di presenza militare internazionale, è provato in modo irrefutabile che la guerra non è una soluzione ai conflitti che continuano ad avvelenare l’Afghanistan. Nonostante alcune precise garanzie per le donne inserite nella Costituzione, la lotta delle donne per i propri diritti è ancora ardua – e non è un compito facile.
A partire dal 2006, parallelamente al deterioramento della sicurezza in molte aree, hanno ricominciato a ripresentarsi vecchi fenomeni negativi, con il calo di iscrizioni nelle scuole femminili,  specialmente nelle scuole superiori. Nel corso di tre anni, tra il 2004 e il 2007, il numero di impiegate donne è diminuito del 9,2 per cento. Le donne che lavorano nel settore sociale hanno ricominciato a sentirsi sempre più in pericolo nel raggiungere le aree remote delle province. E tuttavia, nonostante i rischi enormi, spesso continuano il loro lavoro – ma la crescente paura fa le sue vittime.
Nonostante il 27 per cento dei seggi parlamentari siano occupati da donne, il Parlamento ha approvato una controversa legge sull’amnistia, invocando l’impunità per tutti coloro che sono stati coinvolti in violazioni dei diritti umani e dei diritti delle donne in tempo di guerra.  Inoltre, il Parlamento ha approvato la Legge shiita sullo stato personale, che assoggetta le donne sciite ai tradizionali controlli religiosi (legge che è stata poi rivista e corretta in alcune parti). E intenzionalmente non ha mai ammesso candidate donne per la posizione di ministro degli Affari Femminili.

 

Tutti questi non sono che segni sempre più evidenti che la posizione delle donne in termini di rappresentanza politica sta diventando via via più precaria. Così come è evidente che molte donne che ricoprono incarichi politici, come le parlamentari elette nelle fila dei locali signori della guerra, si dedicano con grande impegno solo a mantenere la propria posizione, preferendo prendere le parti del loro padrino anziché unirsi per la causa delle donne.
Certamente, non tutte le donne afghane hanno la stessa opinione sui problemi presenti a vari livelli della politica nazionale. Soprattutto, in questo momento l’Afghanistan soffre profondamente della assenza di un movimento politico onesto e dedicato, che possa aprire un dialogo costruttivo su un modo realistico di avviare un processo di pace sostenibile.
Un simile movimento può prendere vita solo se l’ingiustizia del potere e della legittimazione dati a figure politiche notoriamente corrotte in Afghanistan verrà contrastata opponendole una chiara cultura del pluralismo e dando più spazio a individui e gruppi che sono stati tenuti ai margini del sistema. Un esempio di un simile processo potrebbe essere aprire a partiti politici in modo che abbiamo possibilità di attivarsi. Nelle circostanze attuali, le attiviste e le donne leader sono entrate in una fase della loro lotta in cui la solidarietà nazionale e internazionale deve diventare molto importante, anche se questo scenario sembra un traguardo impossibile, dato che, nonostante totto il loro impegno e la loro forza, le donne non sono ancora capaci di competere alla pari contro i detentori del potere nel Paese.

In questa situazione, l’Afghan Women’s Network (AWN) ha saputo venire incontro all’urgente bisogno di avere almeno una forte piattaforma dalla quale portare avanti campagne di promozione dei diritti delle donne, che siano guidate dalle donne afghane stesse.
La forza di una struttura come la AWN risiede soprattutto nell’attività delle ONG che ne fanno parte, che sono impegnate nell’ambito del sociale in parti diverse del Paese, e nei membri del suo comitato direttivo, che svolgono con grande decisione un lavoro di difesa e promozione dei diritti delle donne.

Le ONG che fanno parte della rete AWN sono organizzazioni guidate da donne che portano avanti progetti di sviluppo su piccola scala in diverse regioni dell’Afghanistan, dal Badakshan e dal Nangarhar a Herat e Kandahar. Le organizzazioni di queste donne sono attive nel campo sociale dove, attraverso il loro lavoro si fanno promotrici di un messaggio critico verso il governo, il che può essere visto come una potenziale minaccia alla loro missione sociale. Per cui, tutte queste ONG si sono riunite nella piattaforma comune di AWN per gestire meglio le loro campagne di opinione.
Nonostante i gravi problemi che emergono a livello locale, la AWN è diventata una piattaforma nella quale la maggior parte delle leader afghane e delle attiviste si ritrovano insieme e mettono a punto strategie su alcune specifiche questioni critiche.
Esiste una certa lotta di potere tra vari gruppi che fanno parte della AWN, per usare questa rete per loro specifici fini politici o per altro, ma la gran parte la rete è almeno riuscita a colmare la mancanza che c’era, facendo in modo che in tutti i contesti politici in cui devono essere prese decisioni importanti le donne riescano almeno a fare sentire la loro voce.

Per esempio, nella Conferenza di Londra che si è tenuta all’inizio del 2010, nessuno degli invitati aveva inserito nella propria agenda l’argomento delle donne afghane e la Conferenza sembrava organizzata al solo scopo di ottenere il consenso della comunità internazionale sul ritorno dei talebani. Nonostante questo, le attiviste afghane sono riuscite a organizzare una grande campagna mediatica che almeno ha ottenuto il riconoscimento dei diritti delle donne e il rispetto della Costituzione afghana. Inoltre, sono state le donne afghane che hanno alzato la propria voce con forza per affermare l’importanza della giustizia e la necessità del rafforzamento del sistema giudiziario nel Paese.

Il deterioramento della situazione politica e della sicurezza ha portato il governo afghano e i suoi alleati internazionali a disegnare una nuova strategia – in pratica, risolvere il conflitto attraverso un appianamento politico. Mentre nell’opinione di alcuni (sia afghani sia internazionali), la situazione in Afghanistan è peggiorata perché i due maggiori gruppi rivali – i talebani e la fazione del leader mujaheddin Gulbuddin Hekmatyar – sono rimasti esclusi dai giochi della spartizione del potere, altri (in maggior parte afghani) hanno sottolineato che la ragione per cui il Paese è sprofondato nella crisi attuale e nel caos della insicurezza diffusa sono i problemi della giustizia, della insufficiente trasparenza e mancanza di responsabilità da parte del governo, insieme alla capillare diffusione della corruzione e alla impunità per i crimini commessi da potenti e influenti figure.
Se non si mira a sanare le cause, è evidente che la riconciliazione e la negoziazione potrebbero portare a una soluzione del conflitto violento. Ma la domanda cruciale è: riconciliazione, e soprattutto reintegrazione nella società, a quale costo?

da Orzala Ashraf Nemat, Afghan Women at the Crossroads: Agents of Peace—Or Its Victims?

 

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