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Afghanistan: i frutti di una Missione di Guerra

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dal sito  NO MAS
meena red 300x30068 milioni di euro al mese. Circa 2 milioni al giorno. In un’epoca di tagli, dove siamo costretti a ridurre le spese per Istruzione, Cultura e Sanità, queste sono le cifre che lo Stato Italiano sborsa per finanziare la missione di guerra in Afghanistan.
La Sinistra non si offenda, sappiamo che anche lei si è sempre impegnata a garantire i fondi necessari alla buona riuscita della missione: se è vero che la Pace non è ne di destra ne di sinistra, lo stesso si può dire della Guerra.
Nonostante i riflettori si siano spostati sulla Libia, in Afghanistan le situazione è sempre più tragica: negli ultimi quattro anni sono 8.000 le vittime civili del conflitto.
Il CISDA-Lecco ha organizzato un evento per raccontare cosa sta accadendo nel crocevia dell’Asia centrale attraverso le voci di Cristiana Cella, giornalista dell’Unità e membro del CISDA, e Samia Walid, attivista afghana dell’associazione RAWA. Tema della serata, la condizione delle donne.
Il CISDA Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus opera a favore dei diritti delle donne e della dignità della persona contro tutti i fondamentalismi e le guerre. Tra le associazioni che sostiene c’è RAWA Revolutionary Association of the Women of Afghanistan movimento di donne impegnate in attività di scolarizzazione e sensibilizzazione per favorire una cultura laica e democratica che rispetti le donne.
«Sono stata a Kabul un anno fa» racconta Cristiana, «e la situazione è spaventosa. Accanto a un degrado terribile sorgono le maestose ville dei “signori della Guerra” e di chi si è arricchito grazie all’oppio, tanto da parlare di “narco-barocco”. Ho ascoltato storie di donne allucinanti, storie di violenza, di diritti negati e soprusi taciuti. Ogni anno almeno 2.300 donne tentano il suicidio. Questi sono i dati forniti dagli ospedali, ma in realtà sono molte di più le donne che cercano di togliersi la vita. Lo fanno perché subiscono violenze di ogni genere, basti pensare che lo stupro è diventato legale all’interno delle mura domestiche (2009). Andare a scuola, andare al lavoro sono attività clandestine e pericolose per una donna. Spesso il suicidio, che nella maggior parte dei casi avviene dandosi fuoco, è dovuto anche a una sorta di senso di colpa della donna che pensa di meritare una vita del genere.
Tuttavia ho un’immagine dell’Afghanistan, un’immagine che ho visto proprio a Kabul: una rosa fiorita nel filo spinato. Il lavoro di tante associazioni, come RAWA, continua con coraggio per costruire un presente migliore, ma soprattutto un futuro fatto di speranza: cambiare la vita di una donna può cambiare la vita di una famiglia, dei figli che domani costruiranno la propria».
burqa 300x244Samia ha trent’anni, una voce dolce ma decisa. La sua storia assomiglia molto a quella di Miriam e Sahar, due attiviste di RAWA che avevamo incontrato due anni fa. Nata a Kabul, scappa in un campo profughi in Pakistan con la sua famiglia quando i fondamentalisti conquistano la città (1992).
Samia ha 14 anni  e nel campo conosce RAWA: frequenta la loro scuola e a 18 anni si impegna in prima persona per la difesa delle donne, ispirata da Meena la fondatrice dell’associazione. Essendo RAWA un’associazione laica e democratica, Samia porta avanti il suo coraggioso progetto in clandestinità, insegnando nelle scuole e portando nel mondo la sua testimonianza.
«L’Afghanistan è un paese occupato e governato da un parlamento corrotto» ha spiegato Samia. «Il mio Paese è diventato un centro per la mafia internazionale, controllato dal Governo e dai servizi segreti finanziati dall’Ambasciata americana. È un inferno, soprattutto per le donne di cui i media, anch’essi controllati, parlano raramente. Se parlano delle violenze subite le presentano come il frutto della cultura afghana e non del fondamentalismo. Rawa crede che la questione delle donne sia politica ed è dunque una buona politica la soluzione a questa tragedia».
Dalle parole di Samia emerge la profonda delusione per le false promesse di chi, come il nostro stato, ha invaso l’Afghanistan promettendo democrazia e libertà per poi fare i propri interessi aggravando la situazione per la popolazione.
«Le forze straniere devono lasciare il Paese, una guerra civile non può essere peggio di quello che c’è ora. Sarà il popolo a decidere le sue sorti e se rinascerà la resistenza contro i fondamentalisti noi saremo con le donne e gli uomini che vorranno costruire il proprio Paese. Il passaggio da Bush ad Obama non ha portato cambiamenti, innanzi tutto perché i presidenti USA si inseriscono in un sistema di interessi e politico più grande. Inoltre Obama, all’indomani dell’elezioni ha subito promesso di aumentare le truppe in Afghanistan».
A chi le chiede cosa pensa della morte di Bin Laden Samia risponde:
«Non vediamo alcuna differenza, nel nostro Governo che le forze internazionali finanziano, ci sono criminali molto più pericolose per il nostro popolo che andrebbero eliminati».
di Marco Besana e Ilaria Brusadelli

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