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Afghanistan: esercito e polizia torturano i prigionieri… l’occidente sa e lascia fare

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Ansa,  22 febbraio 2011
 
Il ricorso alla tortura è in larga parte diffuso nell’esercito e nella polizia in Afghanistan, ma i loro istruttori della Nato – benché informati – chiudono spesso gli occhi quando non sono accusati di ricorrere a questa pratica. È quanto emerge da varie testimonianze dei militari.

In undici basi militari americano – afgane della provincia meridionale di Kandahar, un giornalista della France Presse ha raccolto 23 dichiarazioni di soldati afgani e statunitensi, semplici soldati o ufficiali, che hanno mostrato di essere a conoscenza dell’uso diffuso, se non sistematico, della tortura sui loro detenuti da parte delle forze di sicurezza afgane. “Ho visto come l’Ana (esercito nazionale afgano) tratta i talebani”, ha raccontato un sergente statunitense della forza Nato (Isaf).

Un ufficiale afgano ha detto ridendo di avere catturato due talebani che ha torturato, portato davanti alle loro case e assassinato sotto gli occhi dei loro familiari. Nell’Arghandab, un distretto di Kandahar, i tenenti colonnelli americani David Flynn e Rodger Lemons hanno invece assicurato di non avere informazioni sulla tortura nella loro zona. Ma hanno un parere sull’argomento.

Le forze afgane non sono d’altronde le uniche sul banco degli imputati. Come in Iraq, esercito americano e Cia sono accusati di torture, che alimentano la rabbia dell’opinione pubblica contro il loro intervento militare. Secondo la norma in vigore all’Isaf i detenuti sono trattenuti per 96 ore, quindi trasferiti alle forze di sicurezza afgane o rilasciati. Ma i soldati interrogati sanno che i prigionieri trasferiti alle forze afgane rischiano la tortura o l’esecuzione sommaria: il loro trasferimento rappresenta in questo caso una violazione della convenzione di Ginevra.

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