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Intervento di RAWA letto al congresso della SEL

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di Samia Walid

Innanzi tutto, a nome di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan), desidero ringraziare sentitamente tutti voi per avermi dato l’opportunità di parlare della situazione afgana e in special modo delle condizioni delle donne in Afghanistan.

Nove anni fa gli Stati Uniti e i loro alleati hanno invaso l’Afghanistan con le parole d’ordine di “libertà”, “democrazia”, “diritti delle donne”. A quel tempo il popolo afgano era pieno di speranza: finalmente dopo 30 anni di guerra e oscurantismo fondamentalista sarebbe arrivato a godere della libertà, della democrazia, dei diritti. Ma quella speranza si è infranta sin dai primi giorni successivi alla caduta dei talebani con la nomina e quindi la salita al potere dei signori della guerra: i jihadisti dell’Alleanza del Nord.

Tutto il popolo afgano, le donne, gli uomini, i vecchi, i giovani, perfino i bambini erano pienamente consapevoli che mai avrebbero ottenuto ciò che Stati Uniti e i loro alleati occidentali avevano con tanta veemenza promesso. Con i più determinati nemici della democrazia, con coloro che più di ogni altro hanno violato i diritti delle donne, non è possibile formare un governo democratico e garante dei diritti. Oggi, quindi, siamo testimoni di come l’Afghanistan e il suo popolo siano schiacciati nella morsa e del governo corrotto e mafioso di Karzai, e degli occupanti stranieri, e dei signori della guerra e dei talebani. In questa situazione la minaccia di essere uccisi è una realtà presente in ogni minuto della vita degli afghani e delle afghane. Oggi più che in qualsiasi altro momento storico del nostro paese, il popolo afgano si trova in mezzo a un gioco che riguarda gli interessi politici, strategici ed economici di Stati Uniti, Gran Bretagna, Pakistan, Iran, India e altre potenze straniere.

 

Oggi le organizzazioni mafiose che trafficano in droga e in armi, le banche e le ong corrotte aggrediscono il nostro popolo succhiandogli il sangue fino all’ultima goccia. Alla fine del 2001, quando gli Stati Uniti si preparavano ad attaccare militarmente l’Afghanistan e ad abbattere il regime dei talebani, hanno utilizzato come pretesto la condizione delle donne afgane, la repressione a cui erano sottoposte sotto il dominio degli studenti coranici, preparando in questo modo l’opinione pubblica del mondo alla guerra. Oggi riesumano quest’argomento per continuare a restare in Afghanistan, e ne è un esempio la pubblicazione da parte del “Times” dello scorso mese che in copertina riportava la fotografia della donna afghana con il naso tagliato.

Il commento sotto l’immagine diceva che se le forze militari americane lasceranno l’Afghanistan, i talebani riprenderanno il potere e questa è la situazione in cui si troveranno le donne afgane! Tutto ciò mentre proprio gli Stati Uniti stanno facendo ogni tentativo, per tramite il governo afghano da loro sostenuto, di riportare i talebani al potere. Le donne afgane vivono una realtà opposta a quella raccontata al mondo dai media americani e occidentali. Se vogliamo sintetizzarla in un’immagine, l’Afghanistan è un inferno e le donne si muovono in questo inferno giorno e notte. Le violenze e gli stupri contro le ragazze e contro le bambine sono all’ordine del giorno. La maggior parte delle famiglie le cui figlie o mogli sono state vittime di violenza mantengono il fatto nascosto per la vergogna.

Quei pochi che trovano il coraggio di protestare reclamando giustizia nei confronti dei colpevoli, incorrono nella minaccia di morte da parte dei signori della guerra o degli uomini di potere locali e si scontrano con il sistema corrotto e fondamentalista che permette sempre l’impunità ai criminali. Le donne sono vittime di violenza domestica, di violenza sessuale e psicologica e per sfuggirvi ricorrono al suicido e all’auto-immolazione; le donne sono oggetto di minacce nei luoghi pubblici; l’acido viene gettato nei loro visi per sfigurare le studentesse che si recano a scuola; l’assassinio delle giornaliste e di tante lavoratrici sono in Afghanistan prassi quotidiana. RAWA sostiene che i problemi delle donne siano una questione politica e che, pertanto, non possono in nessun caso essere affrontati in maniera separata dal contesto politico nel suo insieme.

Senza l’eliminazione di questo regime fantoccio che non potrà che divenire più crudele e repressivo con l’ingresso al suo interno di elementi talebani e di Gulbuddin Hekmatyar, nulla potrà migliorare le condizioni del nostro popolo. Le operazioni militari condotte contro i talebani con il pretesto di combattere una “guerra al terrorismo” sembrano non sortire alcun risultato nell’estirpare il terrorismo di matrice fondamentalista, quanto piuttosto, appaiono costruite ad arte per giustificare il protrarsi della presenza americana in Afghanistan e nella regione. I risultati fallimentari di questa guerra sono talmente evidenti che lo stesso personale politico e militare americano non può non ammetterlo.

Le truppe americane e le forze Isaf invece di colpire i talebani e i loro fratelli jihadisti, bombardano continuamente i matrimoni e le feste dei civili mietendo vittime soprattutto tra le donne e i bambini indifesi. E inoltre, anziché ammettere il crimine compiuto, cercano di nascondere l’accaduto e solo quando l’informazione diviene di pubblico dominio se la cavano con un semplice “ci dispiace”, scuse che si trasformano in sale gettato sulle ferite aperte del popolo afgano.

Lo abbiamo detto e ripetuto più e più volte, il governo americano non vuole che la libertà, la democrazia e i diritti delle donne trovino patria in Afghanistan. Addirittura è disposto ad instaurare un governo ancora più corrotto e più anti-democratico di quello attuale pur di non averne uno che riesca ad essere indipendente.

È proprio in quest’ottica che assistiamo oggi alla scarcerazione di alcuni tra i peggiori criminali contro l’umanità. Ciò che dimostra in maniera inconfutabile come gli Stati Uniti e i suoi alleati non diano nessun peso effettivo, concreto ai loro stessi slogan, “democrazia” e “liberazione delle donne” in Afghanistan, sono le negoziazioni e il riavvicinamento intrapresi con soggetti quali i cosiddetti talebani moderati, e Gulbuddin Hekmatyar.

Ma il vero intento è arrivare a mantenere il controllo del paese senza la presenza di un proprio contingente militare, una sorta di “irachenizzazione”, che impedirà al popolo afghano di ribellarsi alla presenza americana della Nato sul suo suolo. Con l’invasione dell’Afghanistan e con la conseguente formazione di un governo composto dai peggiori criminali della nostra storia, gli Stati Uniti hanno compiuto un atto di alto tradimento nei confronti del nostro popolo. Il nostro popolo ha compreso che solo contando sulle proprie forze potrà arrivare alla libertà: gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno lasciare l’Afghanistan.

Gli occupanti stranieri hanno chiuso gli occhi di fronte al perdurare dei crimini commessi dagli affiliati ai talebani, dall’Alleanza del Nord e dalle formazioni Khalq e Parcham. Il nostro popolo non accetterà che con l’uscita dei contingenti militari occidentali dal paese il potere passi in mano ai talebani, ai jihadisti dell’Alleanza del Nord e del “fronte nazionale”. Ma tantomeno accetterà la permanenza della presenza americana e delle truppe straniere sulla propria terra.

La conquista dell’indipendenza, della democrazia, il rispetto dei diritti delle donne e quindi la liberazione della nostra patria distrutta e violentata si potranno ottenere solo con l’azione collettiva del nostro popolo e delle forze politiche democratiche. Lo scorso anno le elezioni in Afghanistan del nuovo presidente sono state un fallimento evidente a tutti. Karzai è stato confermato presidente di un governo sanguinario e mafioso.

Com’è ovvio, in un paese occupato non è possibile che le elezioni si svolgano regolarmente, democraticamente e senza brogli. Gli Stati Uniti e i loro alleati vogliono che il presidente del futuro Afghanistan sia un uomo ai loro ordini. In questo modo la politica americana nel paese rimarrà invariata. Le ultime elezioni parlamentari in Afghanistan del mese scorso non potranno dare risultati diversi dalle presidenziali.

Dalle elezioni precedenti uscì un parlamento formato per l’86 per cento da esponenti di Khalq e Parcham, dei mujahedin, dei talebani, nonché da personaggi legati al traffico di droga. Ciò che è accaduto nel corso della campagna elettorale dei vari candidati in tutto il paese, ha dimostrato solo che nella prossima Camera siederà un numero ancora più alto di questi figuri. Al voto parlamentare hanno avuto accesso solo coloro che sono riusciti a godere dell’appoggio di un signore della guerra, mentre i democratici che nelle precedenti elezioni erano riusciti ad arrivare alla candidatura, a queste non vi hanno avuto accesso a causa del rafforzamento di cui hanno goduto i signori della guerra fondamentalisti in questi ultimi anni.

Quei pochi democratici che ce l’hanno fatta in qualche modo a candidarsi, non riusciranno a raggiungere il quorum per entrare a far parte della Camera bassa. Cari amici, Rawa è la più antica organizzazione di donne afgane che da 32 anni si batte contro i nemici dell’Afghanistan.

È una lotta dura e rischiosa. Perseguendo questa strada Rawa ha perso la propria fondatrice, assassinata nel 1987, e molte dei suoi membri. Ancora oggi affronta le minacce dei fondamentalisti e dei signori della guerra. Nonostante ciò, ogni singolo membro di Rawa continuerà a portare avanti questa lotta in nome della democrazia, della pace, dei diritti umani e dei diritti delle donne anche grazie al vostro appoggio e alla vostra solidarietà.

Grazie

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