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Giornalista afgano Sayed: lavoro in un paese con storia buia

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FRATELLO RITIRA PER LUI PREMIO INTERNAZIONALE ANNA POLITOVSKAYA
 
ANSA – FERRARA, 1 OTTOBRE

“Quella del mio Paese e’ una storia buia, l’Afghanistan e’ dilaniato dai conflitti tra i signori della guerra e molti criminali di guerra siedono al governo”.
Lo ha detto, in collegamento video tramite Skype, il giornalista afgano Sayed Yacub Ibrahimi, che oggi ha ricevuto il premio Anna Politovskaia conferitogli dalla rivista Internazionale per il suo lavoro di denuncia, in un Paese in guerra e dove resta forte la presa fondamentalisti islamici.
“Se ci fosse liberta’ di informazione – ha proseguito – verrebbero condannati”. Il governo ha invece approvato, ha aggiunto, ” linee rigorosissime entro cui devono muoversi i
giornalisti un circolo rosso che non si puo’ varcare. Ci sono stati processi e condanne ai giornalisti, anche alle pene capitali, e questo e’ il clima in cui lavoriamo”.

Ma ”un giornalista in Afghanistan, a differenza che in Italia – ha aggiunto – oltre che trovare informazioni, deve proteggere la propria vita”. Un riferimento alla catena di omicidi di giornalisti avvenuti nell’ultimo decennio nel Paese, e che nelle scorse settimane Sayed Yaqub Ibrahimi aveva gia’ denunciato parlando con l’Ansa, sottolineando che si trattava per la maggior parte di assassini politici e non criminali. E che e’ giunto proprio nel giorno in cui l’agguato al direttore di Libero Belpietro e’ in prima pagina sui media italiani.

 

Il Premio Anna Politvaskaya, alla seconda edizione, e’ stato consegnato dal vicesindaco di Ferrara, Massimo Maisto, al fratello del giornalista, Sayed Kheshrav Ibrahimi (che studia da alcuni anni a Londra) in apertura del Festival di Internazionale che prosegue fino a domenica a Ferrara. Il direttore di Internazionale, Giovanni De Mauro, ha detto che e’ sembrato naturale conferire a Yaqub il Premio intitolato alla giornalista russa assassinata nel 2006 per le sue inchieste sulla Cecenia.

Sayed Yaqub Ibrahimi in passato si e’ a lungo battuto per la liberazione del fratello Kambakhsh, condannato prima a morte e poi a 20 anni di carcere per blasfemia, dopo un articolo sui diritti delle donne: graziato un anno fa dal presidente Karzai, ora si trova all’estero. Anche Yaqub ha dovuto di recente lasciare clandestinamente l’Afghanistan per le pressioni politiche che subiva. Privato in patria del suo passaporto, non puo’ allontanarsi dal Paese in cui si trova. (ANSAmed).

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