Se Kabul strizza l’occhio a Pechino
Famiglia Cristiana – 7/1/2013 di Romina Gobbo
Hamid Karzai durante la visita ufficiale a Pechino (Reuters)
L’Afghanistan strizza l’occhio alla Cina.
In settembre Zhou Yongkang, responsabile supremo della sicurezza cinese, si è recato a Kabul. Questa visita ha fatto seguito a quella del presidente afghano Hamid Karzai in Cina, per l’annuale riunione dell’Organizzazione di cooperazione di Shangai (la Sco è un organismo intergovernativo fondato nel 2001 tra Cina, Russia, Kazakistan, Kirgizistan, Tagikistan e Uzbekistan, con l’obiettivo della sicurezza internazionale, oltre che per la cooperazione economica e culturale).
L’Afghanistan vi è stato ammesso lo scorso giugno in qualità di osservatore, ma la senatrice Belquees Rochan, membro della Commissione diritti umani e giustizia del Parlamento afghano, incontrata qualche mese fa a Kabul, e in questi giorni raggiunta telefonicamente, è critica: «L’Afghanistan è come la carcassa di una mucca, di cui gli avvoltoi si stanno nutrendo, e la Cina è uno di questi. Se riuscirà a comprarsi economicamente l’Afghanistan, otterrà una posizione forte nei confronti della Russia e degli altri membri della Sco». L’avvicinamento tra Cina e Afghanistan si è concretizzato con la firma di accordi milionari per le risorse minerarie ed energetiche (il valore del sottosuolo afghano è stato stimato fra i mille e i tremila miliardi di dollari). La compagnia petrolifera statale Cnpc (China National Petroleum Corporation) ha ottenuto lo sfruttamento per 25 anni di alcuni giacimenti nel bacino del fiume Amu Daria (nel Nord dell’Afghanistan).
Dal punto di vista strategico, il disimpegno previsto per il 2014 di Usa e alleati pone alcune questioni. Da una parte, Pechino ne trarrebbe vantaggio in termini di influenza sull’area. «È naturale che la Cina, come ogni grande potenza, sia in competizione con l’America e voglia ridurre, non solo la presenza americana, ma anche la russa, indiana…, non solo in Afghanistan, ma in ogni angolo del mondo», spiega Belquees. Dall’altra parte, però, un’eventuale caduta di Karzai porterebbe con sé il rischio di un ritorno al potere dei talebani. Un regime islamista a Kabul rischierebbe di contagiare in chiave jihadista la regione abitata dai musulmani uiguri (Xinjiang, provincia dell’estremo Ovest), che periodicamente tentano di scrollarsi di dosso il dominio cinese.
Belqees Rochan, senatrice e membro della Commissione Diritti Umani del Parlamento afghano (foto R. Gobbo)
Senatrice Rochan, perché il presidente Karzai agevola gli investimenti cinesi?
«Finché continuerà l’occupazione di Usa e alleati, il Governo non sarà indipendente. Karzai ha facilitato la presenza della Cina perché vuole buttare in faccia agli americani il fatto che egli è amico anche di altre grandi potenze. E poi la Cina viene considerata un’altra fonte di bustarelle. Il nostro precedente ministro delle miniere, Ibrahim Adel, ha ricevuto tangenti da milioni di dollari per concedere l’estrazione di rame a una certa società cinese. Da allora la Cina è un Paese favorevole alle sue tasche, a quelle dei suoi familiari e alle mafie che governano il Paese».
Ovviamente, uno dei maggiori interessi sono le risorse energetiche e minerali.
«Se tra Stati Uniti e Iran la tensione aumentasse tanto da prospettarsi una guerra, il rifornimento di combustibile dall’Iran finirebbe, ecco perché la Cina sta cercando di impossessarsi delle nostre risorse. Molti Paesi hanno paura di investire in Afghanistan a causa della poca sicurezza. Pechino, invece, accetta il rischio e, grazie ai suoi stretti legami con il Pakistan, rassicura i talebani e manda loro il messaggio di non preoccuparsi per la tutela dei loro interessi».
La popolazione afghana beneficerà dagli investimenti cinesi?
«In Afghanistan, tra Governo e popolo c’è la distanza di una galassia. Le persone non beneficeranno di nulla e gli investimenti andranno a ingrassare solo i portafogli dei criminali che governano, e i traditori, esattamente come succede per le “entrate” che il Governo ottiene dal traffico di droga. Dello sfruttamento delle risorse minerarie beneficiano solo gli alti ufficiali del nostro “regime burattino”, incluso Karzai. Così come stanno le cose, solo una goccia dell’oceano potrebbe realmente andare alla popolazione bisognosa».
Pechino e Karzai hanno anche sottoscritto un accordo per combattere il traffico di droga e per la sicurezza. La Cina si è detta pronta a sostituire gli italiani nell’addestramento della polizia afghana.
«Nel passato, il ministro dell’Interno, Zarar Ahmed Moqbal, ha alimentato le sue tasche con i capitali italiani, ora questo si ripeterà con quelli cinesi. La polizia afghana è costituita da criminali fondamentalisti; gli ufficiali di alto rango delle forze di sicurezza nel passato sono stati tutti capi jihadisti, responsabili di grosse violazioni di diritti umani. Perciò al popolo non importa da chi siano addestrati. D’altra parte, neppure la Cina dà valore ai diritti umani, specialmente a quelli delle donne. Il Governo cinese ha invitato a Pechino il criminale jihadista, Gulbuddin Hekmatyar, e questo è il peggiore e più imperdonabile insulto al popolo afghano».
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