Donna afghana cita in giudizio la polizia per l’assassinio della figlia
Da: RAWA.ORG
Non ci sono norme in Afghanistan a tutela delle donne, non esistono leggi.
Anisa Azam è una piccola donna dotata di un coraggio straordinario. Il suo volto segnato la fa sembrare più vecchia dei suoi 40 anni, ed è circondata da un alone di costante tristezza.
Sua figlia Khatera è stata uccisa lo scorso marzo. Anisa aveva cercato di prevenire l’assassinio. Poche settimane prima della morte, lei e sua figlia si erano recate presso una stazione di polizia di Kabul per denunciare le minacce e le violenze domestiche inflitte a Khatera. Secondo quanto riportato da Anisa, oltre ad assalirla, il genero Mohammed aveva anche minacciato sua figlia con un’arma.
La polizia mandò via Anisa e Khatera. “In pratica, i poliziotti dissero loro di tornare quando Khatera fosse morta”, afferma Kimberley Motley, l’avvocato di Anisa.
Secondo gli articoli 5, 7, 15 e 26 del codice della polizia e secondo la legge del 2009 sull’eliminazione della violenza contro le donne, la polizia avrebbe dovuto registrare la denuncia e, come minimo, indirizzare le donne al Ministero degli Affari Femminili.
“Non ci sono norme in Afghanistan a tutela delle donne, non esistono leggi. Come avrebbe potuto Khatera essere aiutata?”.
Anisa decide di intraprendere l’unica strada possibile, cioè fare causa alla polizia per non aver portato a termine il proprio lavoro, e per non aver protetto Khatera quando era ancora in vita.
Motley non crede esistano casi precedenti in cui un cittadino abbia intentato una causa civile contro un governo che non ha compiuto il proprio dovere, soprattutto quando la vittima è una donna.
Motley e Anisa hanno intentato la causa con l’ufficio legale generale afghano all’inizio di dicembre.
“Ora il caso ha un numero: 610. Questo è già un passo avanti”, afferma Motley. “Le autorità sono obbligate a prendere in considerazione un caso numerato, prima o poi”.
Al Jazeera ha ripetutamente chiesto per sei settimane un’intervista con i poliziotti citati in giudizio e con l’ufficio legale generale. La polizia ha negato di aver commesso errori, tuttavia si è rifiutata di parlare davanti alle telecamere. Un portavoce del quartier generale dell’ufficio legale ha dichiarato che gli uffici non sono provvisti di computer e che trovare il caso sarebbe stato difficile nonostante il numero fosse già assegnato.
Il Ministero degli Affari Femminili afferma che gli attacchi contro le donne sono sempre più brutali e stanno aumentando. Secondo la Commissione Afghana Indipendente per i Diritti Umani, la violenza sulle donne in Afghanistan è aumentata del 22% negli ultimi sei mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Questo incremento può essere dovuto al fatto che attualmente molti casi vengono denunciati, poiché esistono più luoghi in cui è possibile riportare i crimini commessi contro le donne, come ad esempio un piccolo ufficio presso la stazione di polizia n. 4 di Kabul. Due donne poliziotto passano le loro giornate registrando denunce fatte da donne. In merito al caso di Khatera, la poliziotta Nadira Kashmiri afferma che, benché l’incidente con la polizia possa sicuramente essere accaduto, si tratta di un caso raro.
Secondo Kashmiri in alcuni casi la polizia può non conoscere la legge o i diritti delle donne, ma non bisogna considerare il problema solo attraverso uno o due pessimi poliziotti. Non è così ovunque.
Anisa è disposta ad aspettare fino a quando la polizia non verrà processata. Nonostante il marito di Khatera sia stato condannato a sette anni per l’omicidio, Anisa afferma che non è chiaro se sia realmente in carcere. Pare sia stato visto camminare in libertà nella provincia di Kapisa, dove è stato processato.
La causa intentata da Anisa richiede un risarcimento economico dalla polizia, dal marito della figlia e dai suoi genitori, che secondo lei sono complici dell’assassinio, citando l’articolo 51 della costituzione afghana e l’articolo 6 della legge per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ciò che più preme ad Anisa è rientrare in contatto con il figlio di Khatera, suo nipote Abbasi, che compie tre anni quest’anno. Non lo vede dalla morte della figlia.
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