DIECI ANNI DI BOMBARDAMENTI, OCCUPAZIONE E MISERIA IN AFGHANISTAN
L’8 ottobre 2001, a seguito del tragico evento dell’11 settembre, gli USA e i loro alleati iniziano l’occupazione dell’Afghanistan con pesanti bombardamenti con il pretesto di “sconfiggere il terrorismo”, abbattere il regime dei talebani responsabili di aver sostenuto Bin Laden, riportare la democrazia, liberare le donne, ricostruire un paese già devastato da 20 anni di guerra.
Gli USA scelgono di sfruttare sul terreno le milizie dell’Alleanza del Nord, gruppi di fondamentalisti islamici responsabili della guerra civile del 1992-1996 che ha devastato l’Afghanistan, facendo perdere la vita a 70.000 persone nella sola Kabul; gli stessi criminali di guerra già sostenuti, con grossi finanziamenti e forniture di armi, per cacciare le armate sovietiche che avevano occupato il paese nel 1979.
Quando cade il regime talebano, la comunità internazionale consente a questi criminali di guerra (tra i quali Sayyaf, Fahim, Rabbani – appena ucciso in un attentato dei talebani, con i quali stava avviando trattative “di pace” – Qanuni, Abdullah, Ismail Khan, Khalili, Mohaqiq) di occupare governo e Parlamento afgani e di riprendere il controllo del paese, negando invece sostegno e appoggio alle forze democratiche e laiche. Nel marzo 2007 il governo Karzai vara una legge che garantisce l’amnistia per tutti i crimini di guerra commessi in Afghanistan negli ultimi vent’anni.
Inoltre, il via libera dato ai signori della guerra ha fatto sì che dal 2001, in tutto il paese, si siano formati e abbiano spadroneggiato nelle aree sotto il loro controllo centinaia di nuove milizie e gruppi para-militari. In Just don’t call it a milita, un recente rapporto di Human Rights Watch uscito nel settembre 2011, si dice che “gruppi militari di vari tipo hanno partecipato a rappresaglie tribali, omicidi, traffici illeciti ed estorsioni. Stupri di donne, ragazze e ragazzi sono frequenti. Le milizie sono solitamente controllate da capi locali o signori della guerra”.
La situazione delle donne afgane rimane drammatica. Nel 2009, cercando di garantirsi sostegno elettorale dalla comunità shiita, il governo Karzai vara una legge che prevede l’impossibilità per le donne shiite di rifiutare rapporti sessuali con il marito, di recarsi liberamente dal medico, a scuola o al lavoro senza il permesso del coniuge, pena il ritiro di qualsiasi sostegno finanziario. Tutt’ora ci sono donne che si suicidano dandosi fuoco, donne costrette a matrimoni forzati, donne ripudiate dalla famiglia se vittime di stupro perché motivo di vergogna.
Nel gennaio 2011 il Consiglio dei Ministri afghano approva una legge secondo la quale entro 45 giorni dalla sua entrata in vigore le case rifugio per donne maltrattate passano dalla gestione delle ONG al Ministero degli Affari Femminili. La legge accoglie una decisione della corte suprema afghana, secondo cui le donne che scappano di casa per maltrattamenti commettono reato. Le donne dovrebbero essere accompagnate al rifugio da un parente maschio (di solito l’artefice dei maltrattamenti) e sottoposte a umilianti visite per verificare la loro attività sessuale.
Dalla fine del 2001 al 31 dicembre 2010 sono stati deliberati dal nostro governo circa 516 milioni di Euro per la cooperazione civile (che costituiscono però solo circa il 2% del totale delle spese sostenute per le truppe) ma l’importo totale stanziato alla fine del 2010 è di circa 208,4 milioni di euro. Di questi, circa 81 milioni di euro sono stati impiegati per la riforma della giustizia in Afghanistan.
In Afghanistan mancano case, scuole, ospedali e lavoro; la produzione di oppio è arrivata a circa il 96% del totale mondiale. Sono questi i risultati dell’intervento internazionale in Afghanistan?
In dieci anni di intervento militare i soli USA hanno speso più di 487 miliardi di dollari.
La guerra in Afghanistan ha provocato la morte di 44 soldati italiani, circa 1.400 soldati alleati, 6 mila soldati e poliziotti afgani, circa 25 mila guerriglieri talebani e quasi 11 mila civili afgani (di cui oltre 3 mila vittime degli attacchi talebani e almeno 7 mila uccisi dalle truppe alleate – più di 3 mila civili morirono nei soli bombardamenti aerei del 2001-2002). In totale, quindi, otto anni di guerra hanno stroncato circa 43 mila vite umane (fonte “Peace Reporter”).
Mentre il governo italiano approva la nuova manovra finanziaria per strozzare ancora di più il nostro paese, lo stesso governo rifinanzia la missione italiana in Afghanistan (con il solo voto contrario dell’IDV) che nel primo semestre 2011 ha previsto una spesa di 410 milioni di euro e una presenza di 4.350 truppe. (fonte: Peace Reporter).
Il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane), raccogliendo la voce delle forze democratiche dell’Afghanistan quali RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane), Hambastagi (Partito della Solidarietà), Malalai Joya, Saajs (Associazione Familiari delle Vittime) chiede il ritiro delle truppe italiane e straniere dall’Afghanistan, il congelamento delle spese militari, il sostegno delle vere forze democratiche del paese e la costituzione di un tribunale internazionale che smascheri i criminali di guerra seduti nel parlamento afghano.
CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane)
Per il calendario delle iniziative in Italia consultare:
http://www.osservatorioafghanistan.org
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