Coi tacchi e il velo, donne afghane protestano contro le molestie
di Michelle Nichols. Reuters, 14/7/2011
KABUL- Con i tacchi alti e il velo in testa, un piccolo drappello di donne afghane è sceso in strada nella capitale, Kabul, martedì scorso per protestare contro le molestie da parte degli uomini negli spazi pubblici.
Issando striscioni, che recitano “Questa strada appartiene anche a me” e “Noi non tollereremo più insulti” circa una ventina di donne – e alcuni uomini che hanno sfilato in solidarietà – hanno protestato contro abusi, palpeggiamenti e pedinamenti nelle strade della città.
L’Afghanistan resta un paese profondamente conservatore, con pesanti restrizioni culturali e sociali alla libertà femminile, anche se la caduta dei talebani intransigenti un decennio fa ha portato vasti miglioramenti nei diritti legali.
“L’idea che sta dietro le molestie nelle strade è che le donne non dovrebbero uscire dalle loro case”, ha detto l’organizzatrice Noor Jahan Akbar, 19 anni, fondatrice del gruppo per i diritti Giovani Donne per il Cambiamento.
“Noi vogliamo combattere quella mentalità perchè crediamo che queste strade appartengano a noi tanto quanto appartengono agli uomini di questo paese”, aggiungendo che lei stessa ha subito molestie così persistenti da diventare riluttante ad andare in qualsiasi luogo.
L’attenzione internazionale si è spesso concentrata sugli attacchi più estremi alla libertà delle donne, compresi gli attacchi con l’acido sulle ragazze che vanno a scuola e i misteriosi attacchi con il gas contro parecchie scuole femminili, persino nella stessa Kabul.
Ma le donne afghane dicono che loro devono far fronte a una barriera di persecuzione di bassa intensità che può trasformare la vita quotidiana in una sfida continua.
“Quello che vogliamo indossare, come vogliamo camminare, questa decisione spetta a noi”, ha dichiarato Anita Haidery, 19 anni, studentessa di cinema e scienze informatiche che ha contribuito ad organizzare la protesta.
Akbar, che studia musica e letteratura all’università negli Stati Uniti e torna a Kabul ogni estate, ha detto che lei è stata criticata per “aver importato un modo di pensare occidentale” ma sostiene che in realtà la libertà delle donne ha le sue radici nell’Islam.
“La sicurezza delle donne non è un’idea occidentale, perfino al tempo del profeta Maometto le donne godevano di sicurezza, potevano commerciare, potevano uscire, e noi ci meritiamo questo”, ha dichiarato.
La polizia ha regolato il traffico mentre i manifestanti marciavano per parecchi chilometri attraverso le strade polverose della città, sventolando striscioni che promuovevano la loro causa sui finestrini aperti dei veicoli in transito nella speranza di seminare le radici del cambiamento.
Omaid Shirfi, 25 anni, che lavora per la Afghan Transition and Coordination Commission, ha detto che lui vuole manifestare insieme alle donne per mostrare la propria adesione alle loro richieste e promuovere il cambiamento.
“Loro sono parte di questa società, sono la metà della popolazione: devono avere il diritto di andare a scuola, di circolare nelle strade”, ha detto.
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