Afghanistan – Programma televisivo “Niqab” (La Maschera): le donne raccontano pubblicamente le sofferenze subite
Da: WUNRN
Da Arwa Damon, CNN – 3 gennaio 2011
Kabul, Afghanistan (CNN) – “Avevo tanti sogni per la mia vita, ma quando lo vidi sparirono immediatamente”. Saraya parla sommessamente, tenendo il corpo curvo e torcendosi nervosamente le mani, mentre racconta tutto ciò che ha dovuto subire.
“Dissi a mio padre che non volevo sposarlo. ‘Perché mi fai questo?’, gli chiesi. Ma mio padre mi rispose: ‘Sei in età da matrimonio. Questa è una decisione mia, non tua’.”.
Saraya racconta che dopo soli tre giorni si rese conto di essere sposata ad un pazzo.
L’agitazione e l’emozione hanno fatto sì che non osasse mai parlare pubblicamente e liberamente di quanto le era successo, ma ora ha il viso nascosto da una “maschera”.
La metà della maschera è di colore blu pallido, il colore del “chaudari” o burqa, che simboleggia l’oppressione delle donne; l’altra metà è bianca e rappresenta l’innocenza.
Si tratta della nuova rivoluzionaria trasmissione televisiva afghana “Niqab”, che significa “Maschera”.
L’ideatrice del programma è la ventottenne Sami Mahdi.
“Ho sempre desiderato che ci fosse una trasmissione come questa”, afferma Mahdi. “Non ero sicura del format né dell’impostazione, ma ero sicura della “maschera”, poiché in Afghanistan è molto difficile per le donne parlare delle loro difficoltà, dei loro problemi e della violenza che subiscono in casa”.
Con la sua identità protetta dietro la maschera, Saraya racconta di essere stata obbligata a sposarsi a 15 anni con un noto stupratore, un uomo di 58 anni con un passato criminale.
“Il mio figlio più piccolo aveva solo quattro anni quando mio marito portò a casa delle donne e le violentò. Mio figlio mi chiese: ‘Chi sono queste donne?’, ma io non potevo rispondergli, altrimenti mio marito mi avrebbe picchiata”. Alla fine riuscì a fuggire, ma con il timore che il marito avrebbe potuto far del male alla loro figlia. È certa che se il marito trova lei e i bambini, li uccide. Tuttavia, afferma che deve denunciare tutto ciò per il bene e il futuro dei suoi figli e di tutte le donne.
“Non penso si possa fare distinzione fra le vittime”, afferma Mahdi. “A volte penso che le donne che arrivano qui e raccontano la loro vita resteranno vittime per sempre. Tuttavia, dobbiamo mostrare alla gente ciò che succede. Sono sicura che solo così potremo creare dei cambiamenti nella vita delle donne e anche nella mentalità degli uomini afghani”.
Il pubblico del programma è composto da esperti in religiosi e legali e da attivisti per i diritti umani che esprimono opinioni e consigli.
Un esperto religioso ha affermato che il matrimonio di una donna in età così giovane con un uomo così vecchio è contro l’Islam e che il comportamento di quest’uomo è contrario all’Islam e alla legge.
Mahdi racconta che l’idea del programma le è venuta osservando sua madre.
“Agli occhi della gente il suo lavoro non vale nulla, nonostante faccia molto più di me. Non mi riferisco solo a mia madre, ma a tutte le madri dell’Afghanistan. È possibile che ci siano migliaia di madri che vivono nella stessa situazione, sena alcuna voce per poter esprimere la loro sofferenza”.
È da secoli che in Afghanistan le donne vengono trattate come merce.
Un recente sondaggio effettuato da un’organizzazione afghana non governativa, Women and Children Legal Research Foundation, dichiara che il 59% dei matrimoni afghani sono forzati. Di questi, il 30% è composto da matrimoni di “scambio”, in cui gli uomini barattano le proprie figlie o altre donne o ragazze della famiglia come merce “da matrimonio”.
Un altro 17% è composto da donne che vengono date in matrimonio come risarcimento per crimini o altre aggressioni commesse nei confronti di un uomo di un’altra famiglia.
Mahdi racconta che nel secondo episodio della trasmissione, l’ospite era una signora obbligata al matrimonio a 12 anni poiché il fratello aveva ucciso un uomo. Era stata data in sposa alla famiglia della vittima. Mentre raccontava degli abusi e delle torture subite, tutto il pubblico si commosse.
“Piangevano tutti”, ci racconta Mahdi. “Raccontare queste dure realtà pubblicamente è scioccante. Io stessa ero scioccata”.
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