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Afghanistan. Ancora attacchi contro edifici governativi

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Rinascita, 28/7/2011 di Ferdinando Calda
Continua senza sosta l’offensiva talibana in Afghanistan contro le truppe straniere e il governo di Kabul. Ieri mattina sono stati presi di mira alcuni uffici governativi di Tirin Kot, capoluogo della provincia centro-meridionale afgana di Uruzgan, a nord di Kandahar.
Un commando armato composto da sei persone, tra cui almeno tre attentatori suicidi, hanno attaccato gli edifici che ospitano gli uffici del vicegovernatore e del capo delle forze di sicurezza locali, ingaggiando accesi scontri a fuoco con le forze di sicurezza. Il bilancio è di almeno 20 morti e una quarantina di feriti. Tra le vittime anche alcuni civili, tra cui un giornalista locale che lavorava per la Bbc e, sembrerebbe, un bambino.
“Ci sono state due esplosioni nell’ufficio del vice governatore. Una è stata provocata da un attentatore suicida e l’altra da un soldato Ana (l’esercito afghano ndr) che ha sparato contro un altro attentatore suicida”, ha raccontato il portavoce dell’esercito Hekmatullah Kuchi.
“Il secondo attentato suicida – ha continuato Kuchi – si è verificato a circa un chilometro di distanza, nella base del comandante Matiullah Khan, che non è rimasto ferito”. Matiullah Khan è il capo di una milizia locale privata composta di circa 2mila uomini che assicura la protezione dei convogli Nato nella regione. Inoltre, è il nipote dell’ex governatore dell’Uruzgan, Jan Mohammad Khan, stretto collaboratore del presidente Karzai, assassinato il 17 luglio a Kabul.
Da quando i talibani hanno iniziato la loro offensiva di primavera, sono stati diversi gli attentati contro le forze di sicurezza di Kabul e gli uomini di governo, accusati di essere collaborazionisti delle truppe straniere.
Il giorno prima dell’attacco di ieri, un attentatore suicida ha ucciso il sindaco di Kandahar, Ghulam Haidar Hameedi. Si tratta delle terza vittima di alto profilo nella provincia di Kandahar nel giro di due settimane. Il 12 luglio, infatti, è stato ucciso Ahmad Wali Karzai, controverso fratellastro del presidente Hamid Karzai, mentre neanche una settimana dopo è stata la volta di un suo stretto collaboratore, Jan Mohammad Khan. Lo stesso Hameedi era considerato uno dei possibili candidati a succedere, come presidente del consiglio provinciale, al potente Wali Karzai, vero e proprio boss di Kandahar.
Uccisioni che assestano un duro colpo alla già debole autorità del governo Karzai, in un periodo particolarmente delicato per l’Afghanistan. Gli Stati Uniti e i loro alleati, infatti, sono impazienti di ritirare il grosso dei loro contingenti e di lasciare a Kabul l’onere della sicurezza, almeno nelle zone considerate più “tranquille”. Allo stesso tempo gli insorti incalzano le truppe Nato e le forze afgane, galvanizzati dell’imminente partenza dei militari stranieri e decisi a presentare il ritiro come una fuga e, quindi, una loro vittoria sugli invasori.
A questo si aggiungono le divisioni interne al governo di Kabul (con le minoranze hazara e tagika contrarie a qualsiasi apertura ai talibani) e la corruzione diffusa che domina tutti gli aspetti della società, rendendo ancora più difficoltosa la creazione di una rete amministrativa efficiente e di un esercito e una polizia all’altezza dell’arduo compito che dovranno affrontare.

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